Non so chi tu sia, ci siamo sentiti, abbiamo parlato di tante cose, ma anche se c’incontrassimo di nuovo, non saprei rispondermi. Ci veniamo incontro parlandoci in altre lingue, raccontiamo le nostre usanze, l’esperienza e i progetti, l’abitudine, ma la domanda resta: chi sei?
Andiamo d’accordo, siamo divertenti, il confronto è costruttivo, c’è rispetto, forse attrazione, non ci precludiamo niente e sappiamo qual è il nostro posto, ma dicevo: e tu chi sei?
Forse un giorno ci rivedremo e avrò una risposta, forse coglierò il pezzo mancante o forse no, perché spesso non accade nemmeno in condizioni normali. E’ così bello farsi domande, il limbo prima delle sorprese belle e brutte. Bella è la voglia di fantasticare ed incarnare a vicenda il nostro ideale, cullarsi in domande benevole, nel piacere dell’avvicinamento senza però realizzarlo, la dolce attesa che va gustata fino in fondo; ma un’attesa senza fine non sappiamo se esista, le persone vanno avanti e dimenticano cosa sia la trepidazione vogliono farla diventare abitudine: i brividi non sono eterni. E pensando a quel giorno: io cosa posso offrirti nella vita?
Non so perché, ho associato il tempo di questa lettura all’attesa di una lettera.
Una di quelle in busta. Una di quelle che attendi giorni.
Poi, in mano, la trepidazione.
JAZZ LIBERATORS feat. SOUL CLAN – QIDAR
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Può essere interpretata anche così :)
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L’attesa è il miglior allenamento per la fantasia.
Ps: molto interessante ciò che scrivi e coinvolgente come lo esprimi. Ti leggerò con calma.
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